Impianti: regola d’arte e sicurezza (prima parte)

È un po’ come “l’araba fenice” favolosa nei secoli e decantata dal poeta Metastasio: “Che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”. Il paragone è riferito, questa volta, alla “regola d’arte” che è ancora un oggetto misterioso, benché il Codice Civile e tutta la legislazione speciale sulla installazione degli impianti considerino questa “regola” come fondamentale punto di riferimento per l’attività professionale degli “addetti ai lavori”.

Se si dovesse scegliere, per ragioni di estrema sintesi, una sola tra le tante (e troppe!) “norme” applicabili al settore della installazione non vi sarebbero dubbi perché una sola è la “norma base” su cui impostare e misurare la “propria “professionalità”: la “regola d’arte”. Non esiste infatti altra espressione normativa che ricorra con una importanza, una frequenza ed una puntualità altrettanto implacabile, salvo, però, individuarne in concreto i contenuti così da poterli applicare con ragionevole certezza. A fronte di una tale difficoltà nell’inseguimento dell'”araba fenice” qualcuno rinuncia a capire e qualcun altro cerca di rifugiarsi in comode semplificazioni.

Si tratta, in entrambi i casi, di grave errore perché della “regola d’arte” l’installatore può essere comunque chiamato a rispondere sia in quanto “prestatore d’opera” (art. 2224 del Codice Civile) sia come “appaltatore” (art. 1662 del Codice Civile), sia, in particolare, come “installatore” (v. L. 46/90 e L. 186/68), nonché a titolo di “colpa” per eventuali illeciti di natura civile o penale. Dunque non c’è scampo: tanto vale cercare di capire.

Conviene iniziare dall’aspetto più semplice (sebbene spesso equivocato) che riguarda i materiali e componenti d’impianto “a bassa tensione”. In questo caso, infatti, è lo stesso legislatore (L. 791/77, art. 2 ed All. 1) ad indicare all’installatore gli “undici comandamenti” per i materiali da utilizzare per l’impianto. Viene così risolta una parte importante del problema affrontato perché non esiste altra “regola d’arte” per materiali e componenti d’impianto “a bassa tensione” (i più diffusi) se non quella qui ora descritta ed analizzata.

Naturalmente, un analogo metodo deve essere seguito quando si tratti di valutare la “regola d’arte” per la “compatibilità elettromagnetica” (D.Lgs. 615/96), per il “materiali antideflagranti” (DPR 126/98), per i “materiali da costruzione” (DPR 246/93) ecc.: in ogni caso si tratterà di individuare tutti i “requisiti essenziali” che normalmente sono elencati negli allegati tecnici (quasi sempre l’All. 1) che formano parte integrante della legislazione italiana che recepisce le direttive comunitarie sui “materiali” utilizzabili.

È possibile, in questo modo fare definitiva chiarezza, quantomeno per la parte del problema relativa ai componenti d’impianto, così da sgombrare il campo degli equivoci più ricorrenti: “regola d’arte”: infatti, non è questa o quella norma tecnica del Cei, dell’Uni, del Cenelec, del Cen, dell’Iso o dell’Iec. Tutte le “norme” tecniche mantengono un carattere “volontario” (v. L. 317/86 e direttiva 98/34/CE) mentre la “regola d’arte” è sempre assolutamente cogente. Ne deriva la pericolosità di ogni forma di confusione tra le due realtà costituite, rispettivamente, dalle “norme” (tecniche) e dalla “regola” (giuridica).

È lecito, a questo punto, domandarsi: ma quando si passa dai “materiali”, intesi come singoli “componenti” dell’impianto, all’intero impianto da “eseguire” nel suo complesso, come può risultare possibile individuare e definire la “regola d’arte”? La risposta più appropriata (anche se spesso elusa o confusa) è fornita dal legislatore con la L. 46/90 il cui art. 7, così come integrato ed attuato dall’art. 4 del DPR 447/91, fornisce un prezioso aiuto perché agevola la dimostrazione del rispetto della “regola d’arte” con la indicazione di due parametri:

  • 1) norme Cei e Uni o, anche norme (Din, Bsi, Afnor, ecc.) emanate da organismi di normazione riconosciuti nei Paesi dell’Unione Europea;
  • 2) “legislazione tecnica vigente in materia”, con riferimento a tutte le prescrizioni legislative e regolamentari che sono in vigore e sono applicabili all’impianto nel suo complesso e/o alle sue parti competenti (Dpr. 547/55, L. 186/68, L. 791/77, D.Lgs. 615/96, Dpr. 256/93, Dpr. 126/96 ecc.).

    Occorre però ancora completare la “norma base” ed il “principio-guida” con due precisazioni che consentono, alla fine di questa ricerca, di catturare l'”araba fenice”, ovvero i contenuti della “regola d’arte”. Infatti conviene puntualizzare che:
  • le “norme tecniche” e la “legislazione tecnica vigente in materia” debbono essere considerate congiuntamente, non potendosi, ad esempio, considerare sufficiente la semplice applicazione di una o più “norme” tecniche (Cei, Uni, Din o Afnor che siano) per considerare “chiusa la partita” con la “regola d’arte”;
  • le regole generali di “prudenza”, “perizia” e “diligenza” devono comunque sempre guidare l’operato dell’installatore per valutare in concreto, di volta in volta, le soluzioni più appropriate sul piano della sicurezza e dalla funzionalità dell’impianto e della sua collocazione ambientale.

    [tratto da Hesa Notizie, n.1/2006
    a cura di Antonio Oddo, avvocato in Milano.
    Si ringrazia Hesa, Milano]

    Impianti: regola d’arte e sicurezza (seconda parte)


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